La notizia di questi ultimi giorni, in grande evidenza su tutta la stampa nazionale, è lo sciopero della magistratura contro la riforma per la separazione delle carriere tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, approvata in prima lettura alla Camera e ora all’esame della Commissione Affari costituzionali del Senato.
DIRIGENTISCUOLA, associazione professionale-sindacale dal DNA convintamente apartitico e apolitico, senza entrare nel merito della contrapposizione tra poteri dello Stato, alla luce del dato di adesione allo sciopero pari a circa l’80% – dato che a Milano si è avvicinato al 90% – vuole approfondire con i dirigenti scolastici soci ma, soprattutto, non soci, una riflessione avviata già poco più di un mese mese fa sul ruolo di rappresentanza – e tutela – della magistratura da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati, in antitesi alla grave incapacità della categoria dei DS di trovare, invece, una rappresentanza unica e forte.
Il principio di separazione dei poteri, caposaldo di ogni democrazia liberale, ha ontologicamente favorito nella magistratura, come sintetizzato dalla locuzione di Montesquieu “il potere arresti il potere”, la crescita della consapevolezza della propria funzione e della necessità, per continuare a far sì la stessa possa essere esercitata compiutamente, di rivendicare con vigore le prerogative rivenienti dalla tripartizione dei poteri rispetto al parlamento e, soprattutto, al governo.
Non è allora inutile ricordare, quantunque i magistrati nell’esercizio della loro funzione siano “soggetti soltanto alla legge”, che sussiste il loro dovere, nel corso di un giudizio, di disapplicare un atto financo normativo ritenuto in contrasto con le norme costituzionali ovvero con le norme comunitarie.
Il riflesso di tale condizione della magistratura – eminentemente “esistenziale” e, al contrario dei DS, di chiarissima configurazione istituzionale – ha costituito la premessa per il naturale approdo verso la rappresentanza unitaria della categoria da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati, associazione alla quale sono iscritti, come abbiamo già sottolineato in passato, oltre il 90% dei quasi 10.000 magistrati italiani. I quali sono ben consapevoli, come ribadito in questi giorni dall’attuale segretario dell’ANM, di svolgere “una funzione delicata che è quella di garantire i diritti dei cittadini”.
Ma ciò che, ai fini della nostra analisi, in questo momento storico più rileva è che il Governo, riconoscendo – di fatto – il determinante ruolo di rappresentanza praticamente ecumenico di ANM, ne incontrerà mercoledì 5 marzo, salvo rinvii, una delegazione. E ciò nonostante la radicale contrapposizione degli ultimi mesi!
Completamente diversa da quella della magistratura si presenta invece, oggi come purtroppo ieri, la condizione della dirigenza scolastica.
Mentre il magistrato, quando entra a far parte dell’ordine giudiziario, percepisce compattezza della categoria di appartenenza e riconoscimento – anche sociale – del ruolo svolto, il dirigente scolastico, il quale dovrebbe promuovere gli interventi “per assicurare la qualità dei processi formativi” (articolo 25, comma 3, d.lgs. 165/2001), si trova imbrigliato tra lacci e lacciuoli che di fatto poco gli consentono – e vogliamo ribadirlo ancora una volta, a voce alta – di poter davvero garantire il diritto ad un’istruzione di qualità alle giovani generazioni.
Ma prima di affrontare – alla radice e, forse, in modo scomodo – l’origine dei mali della dirigenza scolastica, noi di DIRIGENTISCUOLA sentiamo l’obbligo di ricordare alla categoria alcune delle criticità che denunciamo ogni giorno: come lo scarso supporto ai DS da parte degli Uffici territoriali del MIM, il ritardato accredito dei fondi PNRR, il mancato dialogo sindacale da parte del MIM, il problema degli Organi collegiali da riformare con urgenza. È potremmo continuare a lungo!
Diciamocelo chiaramente: a differenza della magistratura, la condizione della scuola italiana determina di fatto l’impossibilità, da parte dei DS, di essere socialmente percepiti come centrali e determinanti per un’istruzione di qualità.
Ma di chi è la colpa del perpetuarsi di tale penalizzante condizione, che ha effetti negativi sulle vite non solo professionali dei DS?
È, paradossalmente, dei DS stessi!
La categoria, se non inizierà a sentirsi veramente tale e a lottare per la propria tutela, non potrà mai uscire dalla propria condizione.
Come abbiamo già affermato in passato la categoria dei dirigenti scolastici, lungi dall’aver elaborato il lutto dell’essere ex docenti, è colpevole verso se stessa in quanto non procede a revocare in massa le deleghe sindacali da anni lasciate, per inerzia e per paura, nelle mani dei sindacati di comparto, CHE A DIFFERENZA DI DIRIGENTISCUOLA MAI E POI MAI AVRANNO INTERESSE A TUTELARE I DIRIGENTI SCOLASTICI.
Per poter fare molto più di un passo avanti, ogni dirigente dovrebbe comprendere – ovvero, più correttamente, “elaborare” – che:
1)la paura di lasciare i sindacati di comparto non ha più alcuna ragione di essere, poiché:
- DIRIGENTISCUOLA non lascia mai soli i DS e lo fa sempre in modo forte ed incisivo, sia in via riservata che, quando serve, attraverso azioni eclatanti come quella del recente caso relativo alle vessazioni perpetrate dall’UPD dell’USR Veneto;
- i sindacati di comparto, in caso di contrapposizione tra DS e personale docente o ATA, non scelgono mai di difendere i DS, preferendo continuare a garantirsi i flussi di cassa provenienti dalle deleghe del ben più numeroso personale scolastico non dirigenziale;
- in caso di problemi (che non si augurano a nessuno, ma che ogni DS può trovarsi ad avere) non saranno sufficienti, per assicurarsi la difesa, rapporti o simpatie personali – magari costruiti nel tempo – con esponenti dei sindacati di comparto: in caso di contrapposizione i sindacati di comparto sceglieranno sempre di tutelare il personale e non i DS.
2) è finito il tempo di pensarsi come ex docenti, iniziando invece a pensarsi come dirigenti.
I DS, all’opposto dei magistrati, non hanno avuto la fortuna di appartenere a un sistema che riconosce appieno e ab origine il ruolo rivestito: I DIRIGENTI SCOLASTICI, PERTANTO, LA CONSAPEVOLEZZA DEL RUOLO DEVONO COSTRUIRSELA DA SOLI, COMPATTANDOSI! Proprio per questo dovranno guardare a se stessi con una diversa lucidità di prospettiva, conferendo con coraggio quanto prima delega a DIRIGENTISCUOLA e revocando quella (o quelle) conferite ai sindacati di comparto e al sindacato cerchiobottista maggiormente rappresentativo. LA CATEGORIA ALLA QUALE APPARTENERE – E DA DIFENDERE – I DS DOVRANNO COSTRUIRLA PARTENDO DALLA PROPRIA CONSAPEVOLEZZA PERSONALE, SENZA ATTENDERSI RICONOSCIMENTI SPONTANEI DEL RUOLO RIVESTITO, CHE NON ARRIVERANNO MAI DA NESSUNO.
3) l’esempio di compattezza che ha testimoniato la magistratura con lo sciopero contro la riforma delle carriere – compattezza che, come abbiamo già detto, i magistrati hanno potuto con naturalezza raggiungere poiché tutelati dai principi fondativi stessi della civiltà giuridica occidentale – costituisce oggi più che mai un modello a cui ispirarsi da parte dei dirigenti scolastici. Se per i magistrati l’indipendenza della funzione svolta è così importante, tanto da essere accusati di anelare a uno “stato etico/giudiziario”, LA DIRIGENZA SCOLASTICA DEVE INVECE COMPATTARSI PER COMBATTERE PER UN’ETICA DELLO STATO, con l’obiettivo di spazzare via il pregiudizio che continua a volerla come figlia di un dio minore!
La storica battaglia di DIRIGENTISCUOLA per la perequazione retributiva passa esclusivamente, come i non ipocriti sanno benissimo, attraverso la valutazione dei dirigenti scolastici. Lunghissima – e solitaria – è stata la battaglia di DIRIGENTISCUOLA per raggiungerla, avversata come sempre dai soliti noti, i sindacati di comparto.
L’unica speranza di cambiamento per i dirigenti scolastici, se la categoria saprà mutuare l’esperienza di compattezza rappresentata dall’Associazione Nazionale Magistrati – È LA PROSPETTIVA DI UN’UNICA FORZA SINDACALE RAPPRESENTATIVA DEI DS, RUOLO CHE SOLO DIRIGENTISCUOLA PUÒ INTERPRETARE.
Chiediamo ai colleghi un atto di coraggio per darci ulteriore forza. Perché – come ci ricorda sempre il Presidente Fratta – gutta cavat lapidem!