A distanza di giorni continuano le polemiche sulla percentuale degli alunni immigrati nelle classi italiane come se la dichiarazione del ministro introducesse discorsi mai sentiti rispetto a quanto già le linee guide sugli alunni stranieri evidenziano.
Invitiamo tutti a rileggere i documenti dedicati all’inclusione degli alunni stranieri del 2006, del 2014 e del 2022 per scorgere in esse una raccomandazione comune rappresentata dall’equa distribuzione degli alunni nell’ambito dei diversi istituti e delle singole classi e che suggerisce modelli omogenei solo per specifici e temporanei obiettivi didattici. Non comprendiamo il polverone sollevato su una indicazione cardine dell’inclusione scolastica in Italia e su un principio pedagogico che sta anche alla base dell’inclusione degli alunni con disabilità, degli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento e della formazione delle classi in generale e che le parole del ministro in ultima analisi affermano: l’eterogeneità come principio, misura e metodo.
La regolamentazione delle iscrizioni, erroneamente e strumentalmente interpretata da molti come negazione del diritto costituzionale all’accoglienza e all’istruzione, è, invece, il primo passo da compiere per garantire una reale personalizzazione dei percorsi didattici , per rendere operative e concrete tutte le altre raccomandazioni didattiche che, pur contemplate nelle linee guida , non hanno trovato pieno consolidamento strutturale e da cui dipende il successo formativo degli alunni stranieri e di tutti gli alunni.
Se i divari linguistici e di apprendimento sono ancora ampi, come i dati sembrano dimostrare, siamo anche lontani dalla costruzione di un sistema valoriale condiviso, pur nel rispetto della diversità, verso cui l’educazione interculturale è orientata . Strumentalizzare ogni affermazione comprese quelle ovvie interpretando o estrapolando parole e frasi dal contesto, ovvero contestare a prescindere, non fa bene alla scuola italiane e neanche alla politica.