1. A distanza di due giorni dal nostro comunicato, siamo stati positivamente sorpresi nell’apprendere che la valutazione dei dirigenti scolastici non si è persa nel porto delle nebbie, avendo il Consiglio superiore della pubblica istruzione espresso il parere di rito, benché a distanza di due mesi da quando si è chiuso il confronto al MIM: non si sa perché se la sia presa comoda o perché comoda se l’è presa l’Amministrazione nell’indursi finalmente all’invio del testo normativo, ma fuori tempo massimo affinché il dispositivo possa partire dal primo gennaio 2025. Alle 11:49 del 4 u.s. lanciamo il segnale d’allarme e alle 21:19 dello stesso giorno il parere del CSPI viene protocollato e il 5 viene diramato. Delle due l’una. O il CSPI aveva già espresso il proprio parere ed era finito in un cassetto per rinviare al prossimo anno il tutto; oppure si è riunito lo stesso giorno e in poche ore lo ha licenziato….cosa alquanto improbabile. Fatto è che in seguito alla nostra protesta …habemus papam!
Ma la vera, piacevole, sorpresa – questa davvero – è la positiva pronuncia sull’approntato sistema, sebbene pour cause non risultante all’unanimità. Al di là della clausola di stile conclusiva, di essere subordinata all’accoglimento delle “osservazioni esposte”, l’Alto organo consultivo ritiene conforme alla legge l’intera procedura che si svolge sulla piattaforma digitale – Portale del sistema nazionale di valutazione – sulla base degli strumenti e dei dati a disposizione del MIM e da altri sistemi. Che si compendia in una sola scheda contenente gli obiettivi assegnati, quantificabili e misurabili, distinti in generali e specifici, quindi declinati in indicatori e target, per i quali sono attribuiti fino a ottanta punti su cento; mentre, accanto alla valutazione dei risultati in base al conseguimento degli obiettivi, sempre nella predetta sola scheda, sono formalizzati i comportamenti professionali e organizzativi, e il cui punteggio massimo dei restanti venti punti viene assegnato in base a una rubrica di valutazione strutturata su quattro indicatori al loro interno graduati su tre livelli.
Un dispositivo, dunque, sostenibile, con gli obiettivi definiti sulla base di strumenti e di dati oggettivi, e conseguenziale valutazione più trasparente; che restringe in misura notevole i margini di discrezionalità del direttore dell’USR che formalmente li assegna, e potendo questi modificarli/adeguarli nel limite massimo del 10% all’atto del conferimento dell’incarico triennale e/o della sua integrazione in corso di vigenza, anche per sopraggiunte modifiche normative e/o di priorità contenute nell’atto d’indirizzo politico-istituzionale annualmente emanato dal Ministro. E mette poi conto sottolineare che i dirigenti scolastici hanno la possibilità di integrare le informazioni presenti sulle piattaforme con evidenze riferibili ai singoli obiettivi specifici assegnati, anche al fine di argomentare su eventuali aspetti ostativi al raggiungimento dei target o traguardi attesi.
È dunque un parere positivo, ma tutt’altro che scontato se si considera emesso da un Organo i cui componenti sono a larga maggioranza – almeno 20 su 36 – eletti o designati da organizzazioni sindacali dimostratesi palesemente ostili nel corso del lungo e faticoso confronto tenutosi al Ministero; che, con ripetuti distinguo e sofismi vari, hanno in tutti modi – possibili ed impossibili – provato ad ostacolare il nascituro sistema, fino a riesumare quei molesti proliferanti mostri documentali replicati negli ultimi vent’anni, sistematicamente abortiti, che avrebbero voluto una valutazione non dirigenziale, bensì un surrogato avente il compito di promuovere lo sviluppo e l’affinamento professionale, fondamentalmente formativa per soggetti perennemente minorenni, di affiancamento e supporto lungo l’intero percorso di vita lavorativa per il miglioramento continuo, amicale e neutra sulla sfera giuridica soggettiva, resa in forma descrittiva, non classificatoria e senza attribuzione di alcun punteggio, infine sganciata dalla retribuzione di risultato.
E non è poi detto che abbiano ceduto le armi: sia le sigle sindacali fintamente dialoganti che quelle, di non minore consistenza, che apertamente imputano al prefigurato sistema di essere “un processo arbitrario”, che ne “accentua la deriva burocratica”, che “nulla ha a che vedere con la funzione dei dirigenti scolastici”, che “non supporta il lavoro dei presidi (sic!), come se fossero top manager di un’azienda e non figure fondamentali per la crescita e l’organizzazione della scuola”.
Parole in libertà, consunti slogan che – non lo si ripeterà mai abbastanza – ignorano, o fanno finta di ignorare, i vincoli imposti – e non da ieri – da fin qui inattuate norme imperative. Parole che – a prestar fede a quel che si legge su riviste on line di settore – sono state riproposte dalla stessa sigla sindacale presente nel CSPI nel denunciare la modifica del ruolo del dirigente scolastico, sempre più assimilabile a quello di un dirigente amministrativo, con perdita della propria leadership educativa, “non essendo più parte integrante della comunità educante, ma diventando un mero esecutore di procedure amministrative e contabili … con una riduzione dell’autonomia scolastica e imposizione di direttive dall’alto che sviliscono il ruolo della dirigenza scolastica e ne limitano il campo d’azione”. Che si concludono con la richiesta di “rinviare il tutto all’annoscolastico 2025/26”. Giusto per guadagnare tempo e poi si vedrà! E questo spiega il ritardo e conferma la strategia: allorquando il vaso viene scoperto e le strategie di rinvio vengono smantellate, non ci si può più opporre, ma si può lavorare sottobanco per RINVIARE, RINVIARE e RINVIARE!!
2.Le osservazioni di rito riguardano:
° il depauperamento degli organici dei dirigenti tecnici, che sarebbero necessari per un indispensabile, reale, lavoro istruttorio quali valutatori di prima istanza e aventi altresì una funzione di supporto ai valutandi;
° la focalizzazione sugli indici tipici dell’attività amministrativa, mentre si tralasciano gli elementi relativi all’esercizio della leadership educativa per il miglioramento dei risultati formativi del dirigente scolastico;
° la necessità quindi di individuare, superata la fase transitoria, “indicatori direttamente collegabili all’azione del dirigente scolastico e non di altre figure, quali ad esempio il DSGA, o all’azione e alle competenze degli organi collegiali”;
° l’altrettanta necessità di investire esplicitamente e sistematicamente, stanziando le relative risorse finanziarie, sia la Scuola nazionale dell’amministrazione che la neonata domestica Scuola di alta formazione per l’istruzione al fine di rinforzare nei dirigenti scolastici “sensibilità innovativa e l’attitudine a gestire iniziative di miglioramento”;
° l’allargamento delle allegabili condizioni ostative ad una positiva valutazione a tutti gli obiettivi formalizzati nell’atto d’incarico anziché ad uno solo previsto, al riguardo ponendosi l’attenzione ai contesti e alle condizioni operative di chi è al primo anno d’incarico, da distinguere da quelli che guidano da tempo lo stesso istituto scolastico: ma qui appare contraddittoria, e controproducente, la richiesta limitazione della discrezionalità del direttore dell’USR, dal venti al dieci per cento, inerente alla – elastica – valutazione dei comportamenti professionali e organizzativi;
° il sistema di valutazione per come rimesso al prescritto parere deve essere esplicitamente riferito alla sola prima annualità 2024/2025 e la cui tempistica, si vuole ricorrente da gennaio 2025, deve essere calendarizzata nei mesi successivi;
° decorsa la predetta prima annualità, il sistema dovrà essere sottoposto a revisione a seguito di monitoraggio nel confronto con le organizzazioni sindacali e le associazioni professionali per le eventuali integrazioni e/o modifiche necessarie, come peraltro previsto dal decreto in esame.
3.Oltre ad aprire una pagina del libro dei sogni, del ripristino dell’organico dei 696 dirigenti tecnici al momento dell’avvio dell’assetto autonomistico delle istituzioni scolastiche, il Consiglio nazionale dice bene, ma non dice tutto (e soprattutto).
Dice bene per l’individuazione di indicatori dei risultati direttamente collegabili al dirigente scolastico e non ad altre figure, come il DSGA, o all’azione e alle competenze degli organi collegiali. Ma non dice che, per poter rispondere dei risultati di una pubblica amministrazione quale suo rappresentante legale (ex art. 1, comma 2, D. Lgs. 165/2001), questa pubblica amministrazione deve avere un DSGA titolare e in possesso delle reali competenze tecnico-professionali, a partire dagli impegnativi titoli d’accesso alla funzione pure declinati nel CCNL, soprattutto giuridicamente esigibili in termini di responsabilità diretta. Così come non dice che non è oltre eludibile la radicale riforma degli organi collegiali tuttora intestatari di una congerie di competenze organizzative, gestionali, amministrativo-contabili nonché latamente politiche, risalenti ad archeologici testi di legge – di oltre cinquant’anni fa – ed incompatibili con le attribuzioni, anche queste giuridicamente esigibili, di un dirigente e non più capo d’istituto.
Dice bene che non possono tralasciarsi gli elementi di valutazione relativi all’esercizio della leadership educativa per il miglioramento dei risultati formativi del dirigente scolastico. Ma non dice che questa leadership educativa non può essere realmente dispiegata in assenza di uno strutturato middle management, composto da differenziate figure provenienti dalla docenza: di accertata competenza, appositamente formate e istituzionalmente riconosciute, che affianchino e supportino l’unica dirigenza pubblica che tuttora è priva di una tecno-struttura professionale qui stabilmente incardinata nell’istituzione scolastica, con precise funzioni ed inerenti responsabilità.
Dice bene quando, proprio in ordine all’esercizio della leadership educativa, opportunamente richiama il comma 93 della legge 107/2015, in particolare nel punto in cui richiede al dirigente scolastico la capacità nella “valorizzazione dell’impegno e dei meriti professionali del personale d’istituto, sotto il profilo individuale e negli ambiti collegiali”: ciò che implica la valutazione dell’uno e degli altri da parte del dirigente datore di lavoro, atteso che ogni dirigente pubblico valuta il dipendente personale, come ribadiscono le annuali direttive della Funzione pubblica che ascrivono particolare importanza ai dirigenti nel valorizzarne il merito ovvero stimolarne la correzione delle prestazioni insoddisfacenti.
Pertanto, superato il corrente anno scolastico di transizione, dal primo settembre 2025 dovrà – per coerenza di sistema – esser pronto il dispositivo (o i dispositivi) che permettano anche al dirigente scolastico di valutare il proprio “dipendente personale”. E farebbe bene il CNPI a sollecitare da subito – occorrendo, con un distinto parere di propria iniziativa – il Ministro dell’istruzione e del merito a farsi parte attiva presso la Presidenza del Consiglio per disincagliare quell’articolato meccanismo figurante nell’articolo 74, comma 4 del D. Lgs. 150/2009; che, nell’escludere la costituzione dell’OIV nell’ambito del sistema scolastico e dell’AFAM, aveva rimesso a un suo decreto – mai emanato – la modulazione degli istituti della performance e del merito per il loro adattamento ai docenti della scuola e dell’AFAM, nonché ai tecnologi e ai ricercatori degli enti di ricerca; mentre fin da ora può procedersi per il personale ATA sulla scorta del loro mansionario contrattuale.
Non dice tutto questo, e qualcos’altro ancora. Ma dovrà dirlo, per quando dal prossimo anno scolastico il Sistema di valutazione dei risultati dei dirigenti scolastici opererà a pieno regime.
“Ad ogni buon conto – conclude il Presidente Fratta – il parere, comunque non vincolante, ora c’è. Non ci sono più alibi. Ora spetta al Ministro avviare il sistema e reperire i fondi necessari per riconoscere ai dirigenti scolastici anche la retribuzione di risultato (dopo un quarto di secolo), completando l’allineamento retributivo a quello dei colleghi di pari fascia, onorando l’impegno assunto sin dal 2017 dal Governo!”