Un altro Accordo politico, siglato il 26 giugno u.s. con le associazioni sindacali firmatarie del nuovo CCNL di comparto. E questa volta decisivo – in attesa della sua copertura legale con il primo provvedimento utile da presentare in Parlamento – per archiviare la chiamata diretta o chiamata per competenze.
A giudizio del nuovo ministro Bussetti, eliminarla era un impegno del Governo del cambiamento, perché connotata da eccessiva discrezionalità e da profili di inefficienza, dunque da sostituire con criteri trasparenti, a garanzia di compartecipazione ed imparzialità: vale a dire, con libera domanda di ogni docente che voglia ottenere una singola scuola gradita sulla base di graduatorie fatte di punteggi, precedenze e automatismi vari; togliendo ai dirigenti scolastici il potere di chiamare gli insegnanti senza un criterio oggettivo e, per l’appunto, con l’assegnazione dei docenti dagli uffici territoriali agli istituti scolastici.
Dopo di che, con la strada abbondantemente spianata dal citato CCNL, è da supporre che l’impegno del Governo del cambiamento dovrà completarsi con l’intero smantellamento del bonus premiale e provandosi a sterilizzare, nella sequenza contrattuale da concludere entro il 31 luglio, le prerogative dei dirigenti scolastici in materia di sanzioni disciplinari ai docenti, ancorché prescritte dal D. Lgs. 75/17.
Potrà così realizzarsi la già prenotata Comunità educante in luogo dell’aborrita visione aziendalistica della scuola introdotta dalla legge 107. Una Comunità in cui la partecipazione assume un’importanza preminente, che implica e valorizza una logica dialogante. Una Comunità conviviale ed autoconsistente, che finalmente può celebrare in proprio i riti di una democrazia scolastica quale valore in sé, libera di scegliersi i fini – e di deliberare il boicottaggio di legge della Repubblica – sciolta da qualsivoglia vincolo che non sia quello che sovranamente si determini ad autoimporsi; senza dover soggiacere al dettato della performance (D. Lgs. 150/09 e DD.LLgs. 74 e 75/17) e, ancor prima e nello specifico, all’obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi, costituenti parametri – e vincoli – della stessa libertà d’insegnamento (art. 21, comma 9, legge 59/97).
Insomma, un magnifico ritorno alla scuola dei decreti delegati del 1974 e al direttore didattico/preside primus inter pares. E a questo punto – perché no? – magari elettivo… e poi il Dirigente dovrebbe rispondere dei risultati ed essere valutato per gli stessi!
La rivoluzione copernicana è fallita. Al centro del processo educativo torna il dipendente non il discente che non ha il diritto di vedersi assegnato docenti preparati e competenti, ma quello che decide il fato, il caso, il destino: quello che in quel momento è primo in graduatoria per titoli… anche acquistati sul libero mercato senza che nessuno abbia mai verificato il possesso delle competenze corrispondenti!