Stamattina, nella sala della Regina di Palazzo Montecitorio, il Presidente dell’ISTAT Giorgio Alleva, dopo il saluto istituzionale del Presidente della Camera on.le Roberto Fico, ha letto la consueta sintesi del Rapporto annuale 2018 che costituisce una utile radiografia del nostro Paese per decisori politici, pubblici amministratori ed operatori economici.
Giunto alla ventiseiesima edizione, il Rapporto Istat offre ogni anno al Parlamento ed ai cittadini una riflessione documentata sulla situazione del Paese, descrivendone le diverse realtà, e individuando rischi e opportunità per il futuro.
DIRIGENTISCUOLA era presente con Antonio Volpe, Talitha Vassalli Di Dachenhausen e Giovanna Bellitti all’affollato incontro di Montecitorio.Ecco una breve sintesi della relazione che è stata illustrata con l’ausilio di grafici e tabelle dal Presidente Alleva, con un nostro particolare riferimento al mondo della scuola e della ricerca.
I cambiamenti analizzati sono di vasta portata ed hanno radici antiche. Parliamo di mutamenti demografici e dell’invecchiamento della popolazione, della trasformazione delle strutture familiari, dell’evoluzione del ciclo della vita, che non si esplica soltanto nella procastinazione delle tappe del passaggio alla vita adulta, ma anche nella modificazione della loro sequenza. A queste si aggiungono le trasformazioni che investono il lavoro e le imprese(la “quarta rivoluzione industriale”), l’irruzione delle tecnologie digitali, gli stessi effetti delle policy e dell’organizzazione del welfare, che anche quando non agiscono in modo dirompente “modificano gentilmente” i comportamenti individuali e collettivi.
Il rapporto di quest’anno affronta queste dinamiche proponendo la chiave di lettura delle reti e delle relazioni tra le persone, tra le persone e gli attori sociali(imprese,istituzioni, gruppi formali ed informali) e degli attori sociali tra loro.
Al 1° gennaio 2018 si stima che la popolazione residente ammonti a 60,5 milioni, con 5,6 milioni di stranieri.La popolazione totale diminuisce per il terzo anno consecutivo: quasi 100 mila persone in meno rispetto all’anno precedente. Le nascite in particolare sono in calo da nove anni: nel 2008 erano state 577 mila, nel 2017 sono state 464 mila. Per i tre quarti la diminuzione va attribuita al fatto che escono dall’età feconda generazioni particolarmente numerose di donne. Il restante quarto è riconducibile alla diminuzione della propensione a procreare.Inolte si diventa genitori sempre più tardi. Per le donne il primo figlio arriva in media a 31 anni(nel 1980 era a 26 anni).
Nel 2017 i nati con almeno un genitore straniero sono stati circa 100 mila, più di un quinto del totale, ma dal 2012 diminuisce anche il contributo alle nascite della popolazione straniera. Siamo uno dei paesi più longevi al mondo:un neonato di oggi ha un’aspettativa di vita che sfiora gli 81 anni se è maschio e gli 85 se è femmina. Abbiamo quasi 170 anziani(persone di almeno 65 anni) ogni 100 giovani(tra 0 e 14 anni), l’Italia è il secondo paese più vecchio al mondo dopo il Giappone.
Restringendo l’analisi al tema delle reti delle istituzioni, il Rapporto , dopo aver analizzato Regioni,Comuni, istituzioni no-profit, si sofferma a lungo anche sul sistema di istruzione(università e scuole) e sulle reti delle biblioteche e dei musei.
Il sistema delle università può definirsi una “rete delle reti” per i diversi legami che uniscono studenti e studiosi sia a livello nazionale che internazionale. Quello italiano è un sistema fortemente aperto verso l’esterno specialmente per quanto attiene alle attività di ricerca. Dunque ritroviamo un elemento positivo che vede in particolare l’ Università Statale di Milano, la Sapienza di Roma e l’Università di Torino ai primi posti. Un caso interessante è quello del programma di ricerca Horizon 2020 della Commissione europea che vede in rete ben 1.881 imprese italiane, 327 enti di ricerca, 245 enti non profit, 161 enti pubblici e 98 università con una forza di aggregazione delle nostre università nettamente superiore a quella dei restanti paesi, inclusi Francia e Spagna, subito dopo il ruolo pivot giocato congiuntamente dalle università inglesi e dalle imprese tedesche.
Restando nell’ambito formazione , anche le scuole, diffuse in maniera capillare sul territorio, mettono in campo la loro capacità di realizzare relazioni: la possibilità di associarsi in rete, introdotta sin dagli anni Novanta con l’autonomia scolastica, consente un maggior radicamento sul territorio. Le scuole entrano a far parte di reti per migliorare le pratiche educative e didattiche, per formare ed aggiornare gli insegnanti o accedere a finanziamenti europei, per realizzare convenzioni per i progetti di alternanza scuola – lavoro. Un nodo molto importante della rete, secondo l’ISTAT, è rappresentato dalle famiglie: il coinvolgimento dei genitori nella vita scolastica dei figli- tassello importante per la condivisione del progetto educativo- è molto eterogeneo per ciclo scolastico e territorio.
Dunque la grande attenzione attribuita nel Rapporto annuale dall’ISTAT al mondo della scuola mette ancora più in evidenza quanto invece il mondo politico trascuri questa importante realtà.
Istruzione e partecipazione al mondo del lavoro si confermano secondo le conclusioni del Rapporto ISTAT le due variabili chiave nella lettura del Paese.
Istruzione e conoscenza, cui l’ISTAT ha dedicato alcuni mesi fa un approfondimento specifico, non agiscono soltanto come fattore protettivo per l’accesso e la permanenza nel mercato del lavoro in posizioni più coerenti con le conoscenze possedute e agite, meglio retribuite, e soprattutto più appaganti. Istruzione e conoscenza sono anche una chiave che dà accesso ad una pluralità di aspetti del benessere individuale: consentono di vivere più a lungo e in condizioni di salute migliori, ma anche di attivare il “valore aggiunto” delle reti soprattutto per quanto riguarda le attività culturali e quelle di partecipazione, ad esempio nel volontariato. Inoltre, come già evidenziato nel Rapporto 2017 dello scorso anno , l’istruzione e la formazione del capitale umano sono lo strumento per rimuovere gli impedimenti alla parità delle opportunità e il vettore primario di promozione sociale.
C’è da chiedersi come mai queste ragionevoli ottimistiche (e condivisibili) conclusioni del Rapporto degli analisti dell’ ISTAT non rispecchino e non trovino una stessa intensità di approccio ed interesse da parte del mondo politico e di quello economico; anzi il racconto dei media e dei social influenza piuttosto un giudizio per lo più negativo dell’opinione pubblica, con una gara nello screditare il ruolo di promozione sociale e culturale della scuola statale italiana che vede negli operatori scolastici e nei dirigenti gli ultimi baluardi, contro una deriva sociale ed un inesorabile tramonto della civiltà occidentale.