A questo punto non si può tacere, essenzialmente per due ordini di ragioni: per evitare che altre implausibili sigle sindacali – nel punto in cui asseriscono di rappresentare anche la dirigenza scolastica – si ascrivano il merito di favorevoli esiti di ricorsi promossi da DIRIGENTISCUOLA-Di.S.Conf. per i propri soci; e soprattutto per offrire una sponda alle corporazioni sindacali di comparto, altresì maggioritarie, graniticamente compatte, nella nuova area dirigenziale Istruzione e Ricerca, che hanno denunciato – alla buon’ora! – un’emergenza salariale per i cirenei a suo tempo volutamente confinati in una riserva indiana per non infettare le dirigenze vere regolate dal D. Lgs. 29/93 (ora artt. 4 ss. del D. Lgs. 165/01).
Ci riferiamo a tre sentenze, emesse dai tribunali di Siracusa (03/05/16), di Tivoli (28/09/16) e di Tempio Pausania (20/10/16); che hanno riconosciuto il diritto dei vincitori del concorso ordinario a dirigente scolastico di far valere ai fini economici l’anzianità nel ruolo di provenienza: come avvenuto per gli ex presidi e direttori didattici al loro ingresso nella nuova qualifica dirigenziale, come parimenti avvenuto per i cosiddetti presidi incaricati, come avvenuto – e come tuttora avviene – per tutti gli altri dipendenti e funzionari delle diverse amministrazioni che siano vincitori di un concorso a dirigente non aggettivato.
E’ un diritto riconosciuto de plano, sulla scorta di una maggioritaria e meglio argomentata giurisprudenza (Tribunale di Como n. 231/14, Tribunale di Roma n. 9224/14, Tribunale di Ravenna n. 325/14), con pronunce rese ai sensi dell’art. 429 c.p.c., attesa la natura non complessa delle dedotte controversie.
In sintesi, dei giudici della Repubblica hanno statuito l’illegittimità di un trattamento economico discriminatorio e penalizzante nei confronti dei ricorrenti, privati della retribuzione individuale di anzianità (RIA), o dell’equivalente assegno ad personam di cui godono i già presidi incaricati, che pure svolgono l’identica funzione e soggiacciono alle stesse responsabilità.
Il fatto che il CCNL – scrivono i magistrati aditi – escluda il diritto di chi è incappato nella disgrazia di aver superato il più selettivo dei concorsi di accesso alla dirigenza pubblica non ha pregio, poiché è ben possibile estrapolare dalla contrattazione collettiva di riferimento, per il tramite di una interpretazione analogica, la relativa disciplina dai principi generali dell’ordinamento (artt. 3, 36 e 97 Cost.) e dal sistema concernente il trattamento economico dei dirigenti scolastici, tutti appartenenti all’area quinta del MIUR.
Dunque, per la perequazione interna il contratto non è più un dogma intangibile. Ma, nelle stesse sentenze, in spregio agli elementari principi della logica, resta tale per la perequazione esterna con TUTTE le dirigenze pubbliche di analoga seconda fascia!
Resta tale fino a quando un altro giudice coraggioso – o meno pigro, o semplicemente più attento al dato normativo – non funga da battistrada, creando il precedente ed inducendo la produzione di favorevoli sentenze che squarcino il velo del formalismo giuridico clamorosamente contrastante con il diritto positivo e il dato di realtà: che dovrebbero imporre alle parti contraenti – l’Amministrazione datrice di lavoro e i sindacati (pseudo) rappresentativi della dirigenza scolastica – di sanare quell’autentica aberrazione che vede dimezzata la retribuzione di chi è esposto a ben 22 forme di responsabilità rispetto a quella percepita dai dirigenti generici di pari qualifica, che di responsabilità ne hanno non più di 4, come da ultimo compendiate in un quadro sinottico pubblicato dalla rivista Tuttoscuola.
Nel frattempo, approssimandosi la quarta tornata contrattuale, e decorsi più di tre lustri dal conferimento della qualifica dirigenziale ai già capi d’istituto, la categoria deve attendersi la riproposizione dell’ estenuante, ed irritante, litania delle sterili dichiarazioni a verbale e degli altrettanto sterili ordini del giorno pure votati all’unanimità dal Parlamento della Repubblica: che la, minimale, equiparazione retributiva si concorda – sempre – di rinviarla al prossimo giro; e ancora con la firma del sedicente più autorevole sindacato rappresentativo della (non più, da tempo) sola dirigenza scolastica?
Giusto per memoria, si tratta dello stesso sindacato che, a suo tempo, ebbe a commissionare un parere pro veritate ad un illustre giuslavorista per sentirsi dire che la perequazione, sia interna che esterna, non può essere risolta per via giudiziaria, per difetto di giurisdizione e per incompetenza (sic!), bensì solo ed esclusivamente ai tavoli negoziali.
E difatti, sin qui, i risultati si vedono!
Con gli ultimi tre ricorsi sono circa 50 quelli accolti, alcuni dei quali, li dove la Giustizia è meno lenta, passati in giudicato, con corresponsione delle somme decise dal Giudice + interessi e spese legali.
Di conseguenza, l’Amministrazione avrebbe dovuto, motu, propri, adeguare la retribuzione alle sentenze e corrispondere gli arretrati a decorrere dalla presentazione dei ricorsi.
Questo sarebbe successo in uno Stato di diritto! Purtroppo l’Amministrazione finge di non sapere. Vorrà dire che l’ordine sarà dato dal Giudice.
“Voglio augurarmi – chiosa Attilio Fratta, Segretario Generale della DIRIGENTISCUOLA – che il Governo estenda erga omnes la RIA a tutti gli aventi diritto! Purtroppo sappiamo già che non lo farà …e sarebbe ora che gli interessati alzassero la voce iniziando a firmare la lettera-appello destinata alle massime cariche dello Stato”