Nell’incontro del 7 u.s. i sindacati generalisti, come da copione, hanno inscenato la pantomima della centralità della dirigenza scolastica per rivendicare la sua equiparazione retributiva con la restante dirigenza pubblica.
La determinata richiesta del Segretario della DIRIGENTISCUOLA di smetterla con i proclami e con le enunciazioni di principio, sistematicamente rinviate nei fatti, ha indotto la ministra Fedeli a scoperchiare il vaso di Pandora con tutti i mali in esso contenuti.
La garbata replica della pregiata interlocutrice è stata di una linearità, e di una verità, disarmante: dopo aver sottoscritto con la Funzione Pubblica un Accordo “fortemente innovativo” – di riconquista dell’assoluta signoria del contratto a discapito delle attuali norme imperative – e accettato, come merce di scambio, la “cifra dignitosa” di 85 euro lordi mensili medi nel triennio per il rinnovo dei contratti di tutto il pubblico impiego, CGIL, CISL e UIL hanno rinunciato alla perequazione retributiva.
DIRIGENTISCUOLA lo sapeva ancora prima dell’accordo del 30 novembre. Per questo ha inviato alle massime autorità dello Stato la nota lettera-appello sottoscritta da circa mille dirigenti per chiedere al governo di stanziare le somme necessarie, dettagliatamente conteggiate nella piattaforma contrattuale, per la perequazione.
CGIL, CISL e UIL invece di sostenere l’iniziativa, non fosse altro che per coerenza, hanno barattato la perequazione con la riconquista del potere di impadronirsi delle prerogative sindacali derubricate dal d.l.vo n. 150/2009 e con lo svuotamento dei pochi poteri in capo al dirigente per gestire le scuole.
Solo nella scuola possono verificarsi simili aberrazioni: i delegati a tutelare gli interessi dei deleganti utilizzano la delega per barattare la perequazione retributiva dei deleganti con il potere di contrattazione che useranno contro i deleganti!
A riprova della loro ipocrisia, CGIL, CISL, UIL (e lo SNALS, che si è prontamente accodato), si erano peritati, nelle susseguenti dichiarazioni, di svuotare le funzioni dell’appena declamata “specifica dirigenza scolastica.”
Avendo già incassato “contra legem” il ripristino della mobilità selvaggia, hanno ricordato di essere in attesa dei parimenti concordati ulteriori interventi di smantellamento della legge 107 nei punti che più incidono sulle prerogative dirigenziali: la c.d. chiamata diretta, il bonus premiale, infine la valutazione, qui e sempre dando mostra di voler preservare la dirigenza scolastica dagl’interventi invasivi dall’Amministrazione, che vorrebbe comprimerne l’autonomia professionale e limitare la libertà delle scuole autonome. Dunque, l’ennesimo niet anche a questa valutazione che si fonda sul disastro della 107.
E poco importa se senza valutazione non c’è dirigenza (e retribuzione di risultato che non sia meramente simbolica e continuando ad essere erogata con parametri automatici).
La non-dirigenza scolastica, a vent’anni dalla sua nascita nell’ordinamento giuridico, può ben rimanere l’unica dirigenza pubblica a non essere valutata, perciò priva dell’arma più potente per rivendicare il diritto di essere una dirigenza semplicemente normale: quel che conta è che, non essendo essa stessa valutata, non è legittimata a valutare docenti e ATA, i soci di – schiacciante – maggioranza e quindi azionisti di riferimento di CGIL-CISL-UIL-SNALS.
A questo punto continuare a coltivare illusioni equivale a puro autolesionismo. Per potersi riscattare dall’eterno status di figli di un dio minore, i dirigenti scolastici – per primi quelli che hanno conferito alla dichiarata controparte il 52% di rappresentatività e ad essa consegnando il loro destino – devono, senza indugi e dismettendo messianiche attese del nuovo messia annunciato da sicari e mercenari, dimostrare un sussulto di orgoglio e chiedere ai loro rappresentanti di ritirare la firma dalla sciagurata Intesa del 30 novembre 2016.
Nella quasi certezza che ciò non avverrà, chiediamo loro di partecipare, da protagonisti, alle iniziative di lotta che il Consiglio Nazionale della DIRIGENTISCUOLA, convocato in via d’urgenza per l’11 e 12 p.v., delibererà per invertire la tendenza suicida.
Si guadagni finalmente la convinzione che ciascuno è artefice delle sue fortune, che mai potranno dipendere dalla benevolenza altrui.