Una premessa è doverosa: non intendiamo esprimere giudizio alcuno su una scelta, tutta politica, del Legislatore e della quale si è assunta la responsabilità davanti al Popolo Sovrano, qui essendo il nostro scopo semplicemente quello di fare un po’ di chiarezza su una vicenda oggetto di interrogazioni parlamentari su un asserito pasticciaccio brutto che si vuole ascrivibile al primo inquilino del palazzo di Viale Trastevere e, soprattutto, socializzare la nostra preoccupazione per la tenuta del sistema, ovvero delle istituzioni a causa della violazione del più elementare principio del DURA LEX, SED LEX.
Con il decreto legge n. 198 del 29 dicembre 2022, convertito con modificazioni nella legge n. 14 del 24 febbraio 2023, si è voluto risolvere il debordante contenzioso prodotto dal concorso ordinario a dirigente scolastico bandito con decreto direttoriale MIUR n. 1259 del 23 novembre 2017.
Nel caso in questione, in termini di stretta essenzialità, il Legislatore ha affidato a un decreto ministeriale la concreta attivazione di una procedura riservata alla corposa platea di coloro che nel predetto concorso non avevano superato la prova scritta ovvero a quella, molto più ristretta, di chi non aveva superato la prova orale, disponendone il comune accesso a un corso intensivo di formazione previa sottoposizione – per i primi – a una prova scritta basata su sistemi informatizzati a risposta chiusa, da superare con un punteggio pari almeno a 6/10, e – per i secondi – a una prova orale parimenti da superare con il punteggio di almeno a 6/10.
Concluso regolarmente il corso intensivo di formazione, sempre il Legislatore ne ha statuito l’inserimento in una graduatoria in coda a quella – meramente virtuale poiché esaurita – del menzionato concorso ordinario 2017; alla quale coda, “fino al suo esaurimento” (comma 11-quinques, legge di conversione 14/2023), assegnare nella misura massima del 40% i posti annualmente disponibili, e almeno il 60% dei medesimi da assegnare ai vincitori di concorsi ordinari per esami e titoli.
Nel rispetto dei significati vincoli di legge, e non altri, il decreto ministeriale attuativo n. 107 dell’8 giugno 2023 ha previsto, nell’ordine:
- per la prima categoria, la somministrazione di cento quiz a risposta chiusa, da svolgere in centoventi minuti e realizzando almeno sessanta risposte esatte, poi convertite in decimali per obbligo di legge (art. 11-sexies, legge 14/2023) e mantenendo la frazione decimale eventualmente conseguita;
- per la seconda categoria, una prova orale consistente in un colloquio su quesiti predisposti dalla Commissione ed estratti prima del suo inizio, da intendersi valida con valutazione di almeno sei decimi;
- superata l’una ovvero l’altra prova, ammissione al corso intensivo di formazione;
- svolgimento della prova finale per chi abbia frequentato almeno il 75% delle ore di ciascuno dei quattro moduli formativi previsti, consistente in una esposizione orale sulla base di una relazione scritta delle attività formative svolte e un elaborato di carattere tecnico-pratico sulle materie oggetto dei moduli formativi, entrambi “consegnati alla Commissione”;
- formazione della graduatoria nazionale sulla base del punteggio ottenuto nella prova di accesso al corso intensivo di formazione (massimo 10 punti) e dei titoli valutabili come da Tabella A allegata al DM n. 138/2017 (massimo 30 punti), salvi i titoli di precedenza a parità di punteggio. Evidente la ratio del Legislatore, condivisa o meno non rileva in questo contesto: trattandosi di una sanatoria con conseguente graduatoria ad esaurimento che sarà smaltita in almeno un decennio, ha voluto dare più peso ai titoli che al risultato delle prove di cui alle lettere a) e b), onde evitare che chi ha più titoli e, quindi, più anzianità, non rischi di andare in pensione prima di essere assunto.
Pubblicato il punteggio dei titoli di ogni partecipante alla procedura in via di completamento, dopo diciannove mesi dall’emanazione del decreto legge 198/2022, diciassette dalla legge di conversione 14/2023 e tredici abbondanti dal decreto ministeriale 107/2023, deputati e senatori della Repubblica, ovviamente di opposizione, si sono accorti della sua sopravvalutazione “oltre misura” e hanno predisposto interrogazioni parlamentari “per sapere se il ministro Valditara non ritenga di intervenire al più presto per rivedere la valutazione dei titoli procedendo alla riparametrazione in maniera proporzionale”; in ciò anche accogliendo, presumibilmente, le sollecitazioni di coloro che affermano essere state violate norme primarie (art. 8 del DPR 487/1994) e che non si è tenuto conto di sentenze che fissano il massimo valutabile dei titoli nella misura di non oltre 1/3 del punteggio finale in graduatoria.
Tanto premesso s’impongono alcune osservazioni e una considerazione finale:
- il limite di non oltre un terzo nel peso dei titoli è contenuto in una norma (peraltro un regolamento governativo, quale il DPR 487/1994) precedente rispetto alla legge 14/2023 che ha un chiaro carattere di specialità;
- la legge (successiva e speciale) impone, espressamente, che la prova d’accesso al corso intensivo di formazione deve essere strutturata su quesiti a risposta chiusa e su quale che sia il loro numero e il tempo a disposizione per svolgerli si affida a un decreto ministeriale. Vuole solo che non possa pesare più di dieci punti nella graduatoria finale. Per contro nulla dice sui titoli, né per escluderli (altrimenti lo avrebbe detto) né per limitarne il peso (altrimenti lo avrebbe pure detto), quindi anche qui rimettendo il tutto alla regolazione del suddetto decreto;
- essendo la graduatoria finale ad esaurimento e quindi a ruolo garantito, il Ministero, presumibilmente, ha conferito preponderanza al peso dei titoli culturali e di servizio (di regola più consistenti nei docenti non alle prime armi), privilegiando l’esperienza.
Pertanto “il pasticciaccio brutto” sparato nel titolo di qualche giornale, non riteniamo sia imputabile all’anello qui terminale della catena, vale a dire al ministro Valditara che, vale la pena di ricordarlo, fa parte del potere esecutivo, al pari dei dirigenti scolastici che le leggi le devono applicare anche quando non le dovessero condividere: DURA LEX SED LEX.
La considerazione finale è che, comunque vada, i ricorsi ci saranno: la macchina è già partita! Ricorsi in abbondanza e, come direbbe il Principe della risata, a prescindere. Ricorsi promossi da soggetti spregiudicati che su di essi da anni ci campano alla grande ed ora anche da studi legali che ne fanno bellamente pubblicità, anche ancor prima che si materializzi l’oggetto del contendere. Non è importante la legge o il rispetto della stessa: basta solo fare ricorsi, pro o contro non importa, purché si guadagnino molti soldi o deleghe. Ecco perché, a fronte della primaria finalità di fare cassa, ora è prevalsa anche la gratuità purché si rilasci delega alla O.S. proponente specie in vista della prossima rappresentatività… tanto il Giudice non si pronuncerà prima del 31/12/2024!!
Ma i ricorsi vi sarebbero comunque si decida, anche da parte di coloro che, vedendosi cambiare le carte in tavola in corso d’opera, con una “riparametrazione dei titoli in maniera proporzionale”, si vedessero costretti a rivolgersi al giudice.
Ed è proprio questo il fine del ricorsificio!
I concorsi, ormai, sono una miniera d’oro… a prescindere, almeno fino a quando ci saranno coloro che aderiranno per “comprare la speranza “… e la speranza la alimenta il Governo che non prende provvedimenti nei confronti della Giustizia e di chi la rappresenta.
L’Italia è una delle tre potenze europee, ma la Giustizia italiana è al 21esimo posto su 27 Paesi aderenti nella recente graduatoria del malfunzionamento e del ritardo della giustizia.
E sarebbe la Patria del diritto!!
Legittimo ricorrere se un diritto, o presunto tale, è stato violato ma il Giudice deve decidere in pochissimo tempo trattandosi di ricorsi valutabili per tabulas ripristinando il DIRITTO ovvero condannando per lite temeraria. È ora che il Legislatore intervenga.
Non è più tollerabile che ogni qualvolta che si bandisce un concorso parte la macchina del ricorsificio.
Il tutto si risolverebbe se venisse introdotta la cosiddetta carriera dei docenti: si entra come docente e si diventa dirigente per carriera, ovvero per meriti oggettivamente valutabili. Basta semplicemente ripescare una vecchia proposta di legge messa nei cassetti… c’erano una volta i concorsi per merito distinto, come c’erano una volta le note di qualifica. Solo nella scuola la progressione di carriera avviene per concorso: per docente, per dirigente, per dirigente tecnico con sbarramento della mobilità professionale che, proposta da DIRIGENTISCUOLA nel corso delle trattative per il rinnovo del CCNL 2019/2021, non è stata presa in alcuna considerazione e, ci spiace dirlo, non dalla parte pubblica!
Nella scuola si entra a tre anni e si esce da pensionati!! Lasciate ogni speranza o voi che entrate!!