Con decreto emesso il 7 febbraio u.s., il Giudice del lavoro di Bari ha statuito che non integra comportamento antisindacale il rifiuto di un dirigente scolastico di porre in essere le attività necessarie all’apertura di un tavolo di confronto con le associazioni sindacali per la distribuzione del fondo premiale ai docenti: come pretendevano i ricorrenti CGIL-CISL-UIL-SNALS.
La ferma decisione del dirigente scolastico è stata ritenuta legittima, esattamente per le ragioni da noi più volte evidenziate: che, pur qualificato come retribuzione accessoria, il bonus non è contrattabile in quanto prerogativa dirigenziale, quindi non derogabile per via pattizia, come espressamente prescritto dalla norma imperativa di cui all’art. 1, comma 196, legge 107/15. Norma imperativa che, si precisa, in quanto rivolta al solo personale docente del comparto scuola, ha carattere speciale e pertanto derogatorio rispetto alla normativa generale.
Sicché – prosegue il magistrato del capoluogo pugliese – la condotta del Dirigente scolastico denunciata dalle parti ricorrenti non solo non è diretta ad impedire o limitare in alcun modo l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale, ma risulta pienamente rispettosa del dettato normativo che regola la materia in oggetto.
I quattro ricorrenti sindacati non potevano non sapere che il ricorso sarebbe stato respinto.
E, ancor prima, non potevano non sapere che – per pacifica giurisprudenza – soggetto dotato di legittimazione passiva non era il dirigente scolastico, bensì l’Amministrazione, ovvero il MIUR.
Ciò nonostante, con deliberata spregiudicatezza, hanno direttamente puntato il ventre molle del sistema: la naturale – e apertamente qualificata – controparte nei luoghi di lavoro. La stessa controparte che ha loro attribuito il 52% di rappresentatività e perciò il legittimo potere di maltrattarla, o nei tribunali della Repubblica o negli imminenti tavoli negoziali in cui saranno pronti a sottoscrivere il quarto CCNL di una dirigenza pezzente.
A meno che essa non abbia finalmente un sussulto d’orgoglio e s’induca a spezzare le proprie catene.