Avevamo già a suo tempo e per primi reso il nostro giudizio sull’ ossessione della Granato, violentando la regola aurea che talvolta impone di affidare al silenzio il compito di esprimere meglio il disgusto per ciò che denota pressappochismo e una sovrana ignoranza del sistema del pubblico impiego, in particolare dell’assetto autonomistico della scuola, ad un tempo causa ed effetto di un evidente livore verso un’intera categoria di fedeli e molto pazienti servitori dello Stato.
E proprio per questo pensavamo a uno spot elettorale in vista delle consultazioni europee, poi dall’effetto disastroso per il movimento politico cui appartengono l’autrice della maldestra proposta e i cofirmatari a corredo.
Invece dobbiamo ricrederci, avendo appreso ieri l’altro che quel testo è stato rimesso alla competente settima commissione del Senato il 29 maggio u.s., che dovrebbe cominciare ad esaminarlo prima dell’inizio della sospensione dei lavori prevista per il periodo estivo. Sicché un’allucinazione coltivata da una personalissima visione ideologica faziosa ed antagonista, propria della frangia della docenza, dalla quale proviene la proponente parlamentare calabrese, rischia di materializzarsi in una norma giuridica che saccheggia l’intero sistema del pubblico impiego cosiddetto privatizzato, e in particolare l’assetto autonomistico della scuola, con l’introduzione dell’ottocentesco strumento del ricorso gerarchico improprio “avverso (tutti) gli atti di gestione del rapporto di lavoro e i provvedimenti disciplinari di competenza dei dirigenti scolastici”: dalla formazione delle classi all’assegnazione ad esse dei singoli docenti, alla formulazione dell’orario delle lezioni e delle attività didattiche posti in essere dal dirigente (tra l’altro depotenziandosi le odierne inerenti prerogative del Consiglio d’istituto e del Collegio dei docenti), al piano di lavoro e relativa assegnazione degli incarichi al personale ATA, e via delirando.
Sembrerebbe così affidata la reale conduzione di ogni istituzione scolastica funzionalmente autonoma ad una commissione composta da “tre dirigenti del servizio tecnico ispettivo” – ma prima bisogna trovarli! –, sul cui “parere conforme” il direttore generale regionale formalizza la sua decisione su ogni accidente impugnato.
Sembrerebbe; perché il condizionale è d’obbligo, dato che non ci vuole poi molto a capire – ma occorrerebbe vivere le dinamiche scolastiche – che a decidere sarebbero, nella sostanza, minoranze rissose e ipersindacalizzate. Almeno se si vuole evitare la paralisi dell’istituzione scolastica, la cui formale conduzione resta al dirigente sotto tutela. Che dovrà sempre, e lui solo, “rispondere della gestione unitaria dell’istituzione scolastica” e doverosamente azionando “autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane… secondo criteri di efficienza e di efficacia formative”: giusto a tenore dell’articolo 25 del D. Lgs. 165/01, ipocritamente richiamato nel disegno di legge al fine di manometterlo.
DIRIGENTISCUOLA ha chiesto di essere audita in Commissione e, se necessario anche in Senato. Consegnerà una puntuale memoria affinché quest’inemendabile aberrazione venga spazzata via, magari sperando di essere affiancata da CISL-CGIL-UIL-SNALS, parimenti rappresentative dei “lavoratori della scuola” e della loro “controparte datoriale”, sinora distintisi per un eloquente non casuale apparente silenzio: quando non si può parlare in pubblico per timore delle reazioni della categoria lo si fa in privato o da dietro le quinte. Del resto l’attacco alla dirigenza e a tutte le norme che, per far funzionare la scuola, hanno previsto poteri datoriali, non è un mistero.
Evidentemente il M5S continua, nonostante il risultato elettorale, la corsa verso l’autoestinzione. Ignorare la reazione della categoria e procedere a testa bassa, calendarizzando l’iter parlamentare nel periodo estivo, non è una strategia vincente.
“Se il DDL non verrà ritirato – annuncia il Preside Fratta – inviteremo la categoria a reagire con più determinazione”.