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LA “NOVITÀ” DELL’ESAME DI STATO 2025. SU COSA NON SIAMO D’ACCORDO.

LA “NOVITÀ” DELL’ESAME DI STATO 2025. SU COSA NON SIAMO D’ACCORDO.

Ogni anno, più o meno in questi giorni, inizia il lungo rituale dell’Esame di Stato che chiude il secondo ciclo di istruzione: quest’anno naturalmente non fa eccezione, e come sempre il virtuale “fischio d’inizio” lo ha dato il Ministero, con il decreto che ha reso note le discipline oggetto della seconda prova scritta per i vari indirizzi di studio (rubricato quest’anno come DM n. 13 del 28 gennaio 2025).

Altrettanto immancabili sono le novità, se è vero -com’è innegabile- che da tempo la “maturità” è terreno privilegiato di innumerevoli aggiustamenti, modifiche, sperimentazioni, cambiamenti, aggiunte, sottrazioni e variazioni sul tema, a volte sull’onda di fatui entusiasmi dal sapore marcatamente ideologico, a volte inseguendo -forse con fin troppo zelo- una concezione della scuola (e della società) più condivisibile nelle finalità di quanto lo sia nei metodi messi in campo per promuoverla nel concreto.

Il fatto è che spesso, si sa, il diavolo si cela nei dettagli: la cosiddetta “eterogenesi dei fini” è appostata dietro l’angolo, con tutto il suo carico di insidie. E a volte le buone intenzioni, se mal applicate, generano storture difficili da riparare.

Bando alle metafore, cerchiamo di chiarire i concetti: tra le novità del decreto 13/2025 (art. 2 co. 3) spiccano le modalità di svolgimento del colloquio orale, all’interno del quale si introduce quanto previsto dalla legge 150/2024. Segnatamente: “Ai sensi dell’art. 13, co. 2, lettera d), secondo periodo, del d.lgs. 62 del 2017, come modificato dall’art. 1, co. 1, lettera c), punto 1), della legge 1° ottobre 2024, n. 150, nel caso in cui il candidato interno abbia riportato, in sede di scrutinio finale, una valutazione del comportamento pari a sei decimi, il colloquio ha altresì a oggetto la trattazione di un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale, assegnato dal consiglio di classe.”

Una legge, la 150, che -del tutto condivisibilmente- nelle sue finalità mira a restituire autorevolezza al personale docente e che, per questo, abbiamo sin dal primo momento sostenuto, anche in considerazione degli innumerevoli episodi di aggressività che di recente hanno coinvolto -e continuano a coinvolgere- gli operatori della scuola, trasformata non di rado in un palcoscenico di atti di violenza, occupazioni insensate e vandalismi.

Sia chiaro dunque, per chi non l’avesse inteso, che DIRIGENTISCUOLA  sposa appieno le lodevoli intenzioni della nuova normativa, che si prefigge di restituire alla scuola quell’autorevolezza senza la quale è diventato impossibile esercitare qualsivoglia ruolo educativo. 

Le nostre perplessità, semmai, sono relative alle modalità applicative dell’assunto di legge, atteso che un tema tanto rilevante -specie di questi tempi- come la valutazione del comportamento avrebbe meritato ben altro e più ponderato iter rispetto all’ennesima, frettolosa “appendice” all’Esame di Stato.

Proprio nello spirito di quella stessa autorevolezza evocata dalla norma sarebbe stato al contrario auspicabile un quadro di interventi più organico e sistematico: un “passaggio obbligato” previsto peraltro dalla stessa legge, che non a caso rinvia all’emanazione di REGOLAMENTI da adottarsi entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore.

Regolamenti che al momento non ci sono e che riguarderanno, per espressa previsione di legge, la revisione del Decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249 recante “Statuto degli studenti e delle studentesse” e  del  Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122, noto come “Valutazione degli studenti”.

Regolamenti che, altresì, saranno strumenti fondamentali e necessari per consentire alle scuole, nel perimetro della loro autonomia, di procedere alla revisione degli atti di autoregolamentazione interni, dei criteri di valutazione del PTOF e dei patti di corresponsabilità che ne discenderanno, e che hanno da sempre costituito i riferimenti essenziali per studenti e famiglie.

Ci pare insomma che, nella volontà di imprimere un colpo di acceleratore in direzione di un fine meritorio, si sia finito per invertire l’ordine logico e cronologico tracciato dalla norma stessa, che avrebbe invece dovuto procedere all’opposto.

Ossia: prima l’emanazione dei regolamenti previsti dalla legge, poi la conseguente revisione dei regolamenti interni delle scuole con la definizione di criteri e la tipizzazione di infrazioni e sanzioni coerenti con il testo di legge. Solo in ultima analisi infine -e solo a conclusione e coronamento dell’iter- sarebbe dovuta arrivare la disposizione valutativa in sede di Esame di Stato.

Questo nostro convincimento appare rafforzato dal fatto che nel testo di legge, non seguito al momento dalle previste disposizioni regolamentari, l’esperienza di “cittadinanza attiva e solidale” assume un ruolo centrale non solo come criterio di valutazione del comportamento, ma anche e soprattutto come misura idonea ad attivare l’aspetto educativo e formativo della sanzione disciplinare.

Ci riferiamo in particolare alla parte in cui, più volte, viene ribadito come l’attribuzione del voto di comportamento sia correlato al coinvolgimento della  studentessa  e  dello  studente  oggetto  della valutazione in  attività   di   approfondimento   in   materia   di cittadinanza attiva e solidale, finalizzate alla  comprensione  delle ragioni e delle conseguenze dei comportamenti che  hanno  determinato tale voto.

Peccato che si parli di “cittadinanza attiva e solidale” a cui non tutti gli studenti sono stati avviati nel corso dell’anno, come la nuova legge suggerisce: infatti non tutti i regolamenti di disciplina delle Istituzioni Scolastiche Autonome hanno finora previsto tra le sanzioni le “esperienze di cittadinanza attiva e solidale”, come sancito dal nuovo testo di legge.

Dunque non ci sembra lontano dal vero affermare che lo studente sia chiamato in sede di Esame a riflettere, in maniera critica, su esperienze che non ha, nei fatti, effettivamente realizzato. E a ben pensarci è naturale che sia così, perché quando non si seguono le corrette procedure è un attimo incappare in qualche incongruenza. Vogliamo dire, insomma, che quello della “valutazione del comportamento” è un ambito che non può essere distinto dai presupposti giuridici e di regolamentazione che lo sostengono, e che dovranno trovare concreta realizzazione negli atti regolamentari sopra ricordati.

Ecco perché la posizione di DIRIGENTISCUOLA  è molto più complessa e articolata di quanto, pur in ossequio a comprensibili esigenze di cronaca, si sia sintetizzato sulla stampa e sui media: non si tratta, infatti, in sede di esame di Stato, di esprimere una valutazione critica sulla disciplina dell’Educazione civica, all’interno della quale la cittadinanza attiva costituisce una delle metodologie sostenute. In questa disciplina, giova ricordarlo, tutti gli studenti avranno la valutazione in relazione agli apprendimenti, e non solo quelli che riportano “voto 6” nel comportamento. Nel corso dell’Esame di Stato, infatti, tutti i candidati -anche quelli con voto di comportamento superiore a 6/10- sono chiamati a dimostrare di aver maturato le competenze di Educazione civica di cui alla legge n. 92 del 20 agosto 2019, come definite nel curricolo d’Istituto e previste dalle attività declinate dal documento del Consiglio di classe.

La ratio della legge è chiara, e proprio per questo merita di essere meditata e accolta nella sua interezza, senza essere ridotta a una semplice “novità” da Esame di Stato che raccoglie, al più, qualche distratto titolo di giornale e la svuota, in concreto, di significato effettivo.

“Si teme  –conclude il Presidente Fratta– con questo modo di operare finirà per vanificare la portata innovativa della proposta. Cui prodest? Perché non seguire il filo logico oltre che normativo? Con figliarcato  -altro che patriarcato!-  che stiamo vivendo è innegabile che si debba intervenire e subito, ma come dicevano gli antichi… est modus in rebus!”

 

 

 

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