Insistiamo: SI’. Ma, evidentemente, per riuscire persuasivi, ci tocca l’onere di un più disteso ragionamento, che deve necessariamente muovere dalle disposizioni figuranti nella legge 107/15, articolo 1, commi 126-130; e domandarci poi se esse costituiscono, oppure no, la disciplina organica e compiuta dell’istituto giuridico bonus premiale, che è così articolata:
–per la valorizzazione del merito del personale docente è istituito annualmente presso il MIUR un apposito fondo, per essere poi distribuito alle singole istituzioni scolastiche;
-il dirigente scolastico, sulla base dei criteri individuati dal Comitato di valutazione dei docenti, assegna annualmente al personale docente una somma del fondo sulla base di motivata valutazione;
-tale somma, definita bonus, è destinata a valorizzare il merito del personale docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado;
-i criteri per la valorizzazione dei docenti devono riguardare la qualità dell’insegnamento, i risultati ottenuti, le responsabilità assunte, per come esplicitati nel comma 129, punto 3, lettere a)-c);
-in esito ai criteri adottati, e partecipati, dalle singole istituzioni scolastiche nel corso di un triennio, il MIUR predisporrà le linee guida per la valutazione del merito dei docenti a livello nazionale.
Ora, affinché l’interprete – nel caso di specie il Comitato di valutazione e il dirigente scolastico, per quanto di rispettiva competenza – possa conferire il corretto significato alle disposizioni appena sunteggiate per enuclearvi la norma (vale a dire, la regolazione della materia per come voluta dal legislatore) deve ricorrere al criterio ermeneutico del primo comma dell’articolo 12 delle disposizioni preliminari al codice civile (c.d. preleggi), al di cui tenore nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio dalle sue parole secondo la connessione di esse e della intenzione del legislatore.
Trattasi della codificazione del brocardo In claris non fit interpretatio, secondo cui – per pacifica giurisprudenza ( Cassazione, n. 836 del 3 maggio 1967 e n. 2533 del 3 dicembre 1970; Cons. St., VI, n. 1277 del 6 marzo 2003) – la ricerca dell’effettiva mens legis, ovvero dell’intenzione del legislatore, deve avvenire solo nel caso in cui la lettera della norma da interpretare (operazione intellettiva volta a ricavarne l’autentico contenuto) sia stimata non chiara o equivocabile. Solo in tale ultima evenienza subentra de residuo il secondo comma, a mente del quale se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
Nel caso che qui ne occupa non vi è da colmare qualsivoglia lacuna né di risolvere aporie, essendo di letterale evidenza che i destinatari della norma sono i docenti di ruolo, cioè facenti parte dell’organico dell’Amministrazione, esclusi i soli supplenti o assunti a tempo determinato, che nell’anno scolastico di riferimento risultano in servizio nell’istituzione scolastica.
Senonché, c’è chi oppone il disposto del comma 115 della legge 107, per così dire fuori testo, siccome palesemente riferito a una diversa fattispecie, e ciò nonostante richiamato per escludere dalla platea dei docenti che possono accedere al bonus i sottoposti al periodo di formazione e prova, che solo se superato ne comporterebbe l’effettiva immissione in ruolo.
Ma è agevole controdedurre che se il legislatore avesse voluto decretarne l’esclusione lo avrebbe espressamente scritto nella sedes materiae (commi 126-130). Non avendolo fatto appare scorretta qualsivoglia interpretazione tendente a restringere sfere giuridiche altrui, perché collidente con il canone della ragionevolezza e con il principio di conservazione dell’ordinamento giuridico.
Non è, pertanto, meno agevole convenire, alla stregua del generale ordinamento di settore, che nel cennato comma 115 il legislatore abbia usato termini imprecisi (effettiva immissione in ruolo anziché conferma in ruolo) e a-tecnici, qui l’espressione corretta essendo docenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sia pure sottoposto a condizione risolutiva nel caso di non superamento del prescritto periodo di formazione e prova. Diversamente opinando si introdurrebbe, abusivamente, in via interpretativa un indecifrabile tertium genus tra rapporto di lavoro a tempo indeterminato (già di ruolo) e rapporto di lavoro a tempo determinato (già non di ruolo).
Dunque, se al termine dell’anno scolastico e soddisfatte le condizioni imposte dalla norma i docenti neoimmessi in ruolo risulteranno aver superato il periodo di formazione e prova, per aver corrisposto agli obblighi della prima e per aver reso la propria prestazione in conformità alla regolazione contrattuale, potranno concorrere al bonus, alla pari dei colleghi ordinari, qualora abbiano realizzato performance eccellenti, non richiedendo la legge (e quindi non potendoli introdurre in chiave escludente) anzianità di servizio, né – crediamo – particolari titoli di studio e/o accademici e/o corsi di aggiornamento-formazione eventualmente svolti: proprio perché rileva quel che si è prodotto nel corso dell’anno scolastico in uno o più ambiti, o macrosettori, elencati dalla legge e poi declinati dal Comitato di valutazione (ante).
Aggiungere gratuite restrizioni significa complicarsi volutamente la vita ed esporsi a possibili contenziosi.
E, nella circostanza, vorremmo rendere parimenti avvertiti i colleghi del rischio di porre in essere comportamenti inopportuni, se non palesemente illegittimi, sempre a voler iper-regolare la materia. Pensiamo – sconsigliandoli – a ultronei passaggi in Collegio dei docenti e/o in Consiglio d’istituto, in nome di una più larga e democratica condivisione, o addirittura alla sua remissione alla contrattazione d’istituto, espressamente vietata dalla legge (comma 196), ancorché pretesa con sempre più pervicace arroganza dai sindacati di comparto, che da ultimo, come strumento di pressione contro i dirigenti scolastici e supportati dalla stampa pseudo libera e pseudo specializzata, hanno evocato, a sproposito, la sede penale coniando una nuova fattispecie dell’abuso d’ufficio, per semplice e generica violazione della legge (e sempre ammesso che poi risulti violata): rischio inesistente quando la materia (del bonus) fosse regolata dal contratto (sic!). Inutile ricordare che l’articolo 323 del codice penale (rubricato Abuso d’ufficio) punisce con la reclusione da uno a quattro anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, intenzionalmente (= con dolo) procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto.
Comprendiamo la preoccupazione di colleghi che, puntati come ventre molle del sistema e perciò, con sprezzante spregiudicatezza, messi sotto pressione da chi, spudoratamente, dice di rappresentarli, provano a coprirsi il più possibile, sino a dismettere le loro doverose prerogative.
E li capiamo pure quando ipotizzano implausibili algoritmi, fatti di punteggi, frequenze, tabelle, in definitiva di graduatorie, sulla cui base attribuire il bonus, secondo dispositivi automatici o – si dice – in maniera oggettiva: sempre per allontanare il rischio di dover decidere, e di assumersi la responsabilità di dover decidere, come la norma prescrive (cfr. art. 17 del D. Lgs. 165/01 e art. 1, comma 127 della legge 107/15).
E’ ben vero che la lettera della legge non li vieta, almeno nel corso del triennio sperimentale. Ma non è chi non veda come gli stessi siano incompatibili con la richiesta motivata valutazione che deve fondare la scelta di chi premiare. E la valutazione – nel senso di apprezzamento, attribuzione di valore, espressione di un giudizio – è strutturalmente intrisa di ineliminabile soggettività; per contro potendo, e dovendo, essere resa esplicita, attraverso l’esposizione logica delle ragioni, di fatto e di diritto, che abbiano condotto a una determinata decisione: in ciò, per l’appunto, l’obbligata motivazione.
Conclusivamente, scelgano i colleghi come determinarsi. E tengano conto che tra gli elementi considerati nella – imminente – valutazione del dirigente scolastico vi è la dimostrata-documentata sua capacità di valutazione, selettiva, dell’impegno e dei meriti professionali del personale, sia sotto il profilo individuale che negli ambiti collegiali (comma 93, lett. b, L. 107/15).
Reiteriamo nuovamente un consiglio già dato: meglio andare alla fonte che per faq!